RAINER MARIA RILKE

Sonetti a Orfeo

Traduzione originale dal tedesco di Alessandro Cecchi

 

I, i

Un albero si leva – o puro sovrastare!

Come canta Orfeo! – e il grande albero è in ascolto!

E tutto fu silenzio. Ma proprio in quel tacere

avvenne un nuovo inizio, cenno, mutamento.

Irruppero animali dalla quiete, dal chiaro

bosco liberato, da tane e nascondigli

e fu palese: non per astuzia o per timore

erano in sé così raccolti, ma – per l’ascolto.

Ruggito, grido, bramito, allora

parve ben poca cosa ai loro cuori.

E nell’orecchio – che era appena una spelonca,

un anfratto del più oscuro desiderio

con l’entrata dalla porta scardinata –

tu creasti per loro un santuario.

 

I, iii

Un dio lo può, ma come, dimmi, deve

seguirlo un uomo, con l’esigua lira?

Il suo animo è dissidio e non ha templi Apollo

all’incrocio di due strade del cuore.

Il canto che tu insegni non è brama

né aspirazione a un fine da ottenere.

Canto è esistenza. - Facile per un dio.

Ma quando noi siamo? E quando lui

volge all’essere nostro terra e stelle?

Non è il tuo amore, o giovane, se anche

la voce forza la tua bocca – impara

a scordare il tuo canto. Esso trascorre.

Cantare in verità è un respiro diverso,

senza meta. Un soffio divino. Un vento.

I, v

Non ergete lapidi. Fate solo

che ogni anno fiorisca a lui la rosa.

Perché è Orfeo. La sua metamorfosi

di cosa in cosa. Inutile affannarsi

a cercare altri nomi. Ogni volta

è Orfeo quando c’è canto. Viene e va.

Se alla rosa nel calice talvolta

due giorni sopravvive, non è tanto?

Quanto deve dileguare, perché lo comprendiate!

benché del suo svanire si dovette spaventare.

Poiché la sua parola sopravanza la presenza,

lui è già là, dove non lo potete accompagnare.

La trama della lira non intralcia le sue mani.

E’ nella trasgressione la sua unica obbedienza.

 

 

II, xii

Cerca il mutamento! Sii entusiasta per la fiamma,

quando sfugge la cosa che sfoggia il suo tramutare!

Lo spirito architetto che governa la terra,

nello slancio della figura, ama il punto di svolta più di tutto!

Ciò che si chiude nel persistere, già è il Pietrificato;

si crede sicuro, rifugiato sotto il Grigio opaco?

Ecco, più dura cosa minaccia di lontano la durezza.

Ah! – si solleva il martello, quasi assente dal suo gesto!

Riconoscenza riconosce che s’effonde come fonte!

E incantato lo conduce per le vie serene del creato,

che col principio spesso finisce e con la fine inizia.

Ogni spazio felice, di Separazione è figlio o discendente,

lo attraversano stupiti. E Dafne trasmutata vuole,

da quando è alloro, che tu ti muti in vento.

 

 

II, xiii

Sii oltre ogni addio, come se fosse già dietro

di te – come l’inverno che appunto se ne va.

Perché tra i tanti inverni c’è un inverno talmente infinito

che, se il tuo cuore lo sverna, allora sopporta ogni cosa.

Sii sempre morto in Euridice – innalzati cantando

e, nella pura relazione, ridiscendi celebrando!

Qui tra quelli che svaniscono, nel regno del declino,

sii risonante cristallo che già nel suono s’è infranto.

Sii – e insieme sappi la condizione del non-essere,

fondamento interminato della tua interna oscillazione –

che tu possa compierla appieno, quest’unica volta.

Alle risorse già usate, come a quelle oscure e mute

della natura ricolma, alle somme indicibili,

aggiungi con gioia te stesso, pareggia il conto!