Satiro danzante
Sguardi sul Satiro danzante
Carissimo Giuseppe, mi hai chiesto per Città
Nuova un articolo sul Satiro danzante esposto attualmente alla Camera dei
deputati a Roma. Ti ringrazio perché non so se, senza la tua amichevole
insistenza, avrei avuto il coraggio di scendere nella Roma afosa del 2 maggio
per vederlo, e vederlo è stato veramente una grande emozione, però
mi trovo oggi un po' imbarazzato.
Mi conosci: non sono un giornalista. Se lo fossi potrei facilmente comporre
insieme paragrafi pescati nelle interessanti testimonianze raggruppate nel
bel catalogo della mostra.
Racconterei la sua fortunosa pesca - prima una gamba, poi il torso e la testa
- nelle acque di Mazara del Vallo nel marzo del 1998. Descriverei l'annoso
restauro dell'antico bronzo. Renderei conto delle ricerche storiche e estetiche,
delle analisi scientifiche appuntate, che portano con qualche seria probabilità
ad attribuire questo relitto, ormai riconosciuto come un capolavoro, addirittura
a Prassitele, uno dei più prestigiosi scultori della Grecia classica,
ammirato dallo stesso Platone.
Ma non sono tagliato per questo lavoro e non è nemmeno quello che mi
hai chiesto. Tu desideravi conoscere il mio sguardo sul Satiro danzante. Nei
dieci minuti che dura la visita, ho disegnato alcuni schizzi. Sono fatto così:
da pittore, vedo con un carboncino in mano. Ti mando questi miei sguardi sul
Satiro danzante.
Nel mio quaderno di schizzi, nella pagina dopo il primo sguardo ho scritto
la parola estatico. Il Satiro ruota su sé stesso con le braccia tese,
un po' come un Derviscio danzante per entrare in trance, cioè nell'estasi,
fuori da sé, in comunione con la divinità. Si tratta di un orgia,
cioè di un rito dionisiaco che la mentalità moderna assimila
troppo facilmente a quello che oggi chiamiamo orgia, ma che la serietà
e la nobiltà del volto del Satiro riporta alla sua sacralità
originaria.
Infatti in una pagina successiva, ho scritto: Fauno => Angelo.
Questo Satiro danzante è stato per me una nuova occasione di meditare
su un aspetto della bellezza. La bellezza nella natura è tutta affare
di sessualità, di seduzione orientata alla trasmissione della vita.
Anche nel genere umano ovviamente la bellezza all'origine aveva questo scopo.
Ma l'essere umano ha la capacità di gestire le sue sensazioni, di trasformale
in emozioni, se queste due parole possono rendere l'idea. E l'arte in tutte
le sue innumerevoli discipline ha questa funzione, per il mezzo dei nostri
cinque sensi, farci provare delle emozioni non più di carattere sessuale,
strettamente orientate alla salvezza del patrimonio genetico, ma delle emozioni
che ci umanizzano, che ci fanno crescere in umanità, che arricchiscono
il patrimonio culturale - perciò trasmissibile alle generazioni future
- dell'Umanità. Se Dio è bellezza, l'esperienza della bellezza
addirittura ci divinizza. Il Satiro si trasforma in Angelo.
Non so com'era il Satiro danzante prima di naufragare, quando era intero e
integro. Il tentativo di darne una idea con la ricomposizione virtuale della
gamba sinistra e la ricostruzione della gamba destra mancante, più
che darmi una risposta, ha suscitato in me una perplessità.
Mi sono ricordato l'impressione forte datami dal Crocefisso di Cimabue, quasi
più bello dopo l'alluvione che lo ha distrutto a novanta per cento.
Questi dieci per cento rimanenti bastano alla nostra mente per ricostituire
la nostra immagine del Crocifisso, quella che portiamo poi nel più
profondo del nostro essere. La perfezione dell'arte può ingannarci,
ma quando un'opera è bella indipendentemente dalla sua perfezione artistica,
allora sì è un capolavoro! La bellezza si potrebbe definire
paradossalmente come quello che rimane quando la perfezione dell'arte è
sparita.
Così il Satiro danzante, senza braccia - pensate che un braccio è
stato perso proprio nel momento del ritrovamento! - senza una gamba, senza
la coda, in tante parti profondamente ferito dalla corrosione marina, ci procura
emozioni che magari l'opera nel suo splendore non dava ai nostri antenati.
Senza la gamba d'appoggio, il Satiro ha raggiunto il sogno del danzatore:
volare. E il Satiro, diventato Angelo, ci chiama a seguirlo nell'estasi.
Michel Pochet