Piran
Fino al 27 aprile
Il Risorto di Faro nella chiesa San Pietro a Pirano
Il Risorto con le stigmate della Passione
Nel novantaquattro, dopo ventiquattro
anni passati in Belgio come responsabile del Movimento dei Focolari, ero stanco
e ho dovuto riposarmi. Mi sono ritrovato a Roma, con altri stanchi, impegnato
a riprendermi. Non ero capace di dipingere. Anzi dubitavo di esserne mai di
nuovo capace. Un grande amico mi ha invitato a passare un periodo di vacanze
in una cittadella del movimento in Croazia, già indipendente, ma ancora
in guerra. La Mariapoli Faro era gremita di rifugiati provenienti da tutte
le regioni dell'antica Yugoslavia. C'era tanta sofferenza e tanta solidarietà.
L'amico Ivan Bregant voleva a tutti costi farmi dipingere. Non ero nella condizione
mentale favorevole, e, per via della guerra, mancava il materiale. Ma sentivo
che Ivan aveva ragione di spingermi e mi sono costretto a farlo. Ho trovato
un vecchio lenzuolo, sporco, strappato e qualche resto di pittura. Ho dipinto.
Un altro amico, Bostian, sorpreso del mio lavoro, pensò che dovesse
esistere, da qualche parte, il secondo lenzuolo del paio. Trovato, pulito,
stirato, me lo consegnò per un altro capolavoro. Era consumato, bucato,
sbrindellato, da buttare. Ero desolato. Come non disilludere Bostian? Guardavo
con angoscia il relitto che si sfilacciava, e mi venne in mente Gesù
Abbandonato. Anche lui era crivellato di ferite, sfinito, consumato, logoro
fino alla trama, anche lui si sfilacciava. Consummatum est. Doveva essere
possibile dipingere proprio su questa tela così ridotta, perché
così sfilacciata e logora fino alla trama, il viso piagato, di chi
è al centro di ogni mio pensiero, della mia vita, soggetto che si presenta
sempre quando dipingo e quando scrivo.
Coccoloni sul vecchio lino disteso per terra, incominciai a dipingere. Era
estenuante perché le poche vernici e il diluente che avevo potuto racimolare
nel supermercato, vuotato dalla guerra, non si combinavano rendendo il lavoro
quasi impossibile. Sudavo su questo sudario. Il viso in fuoco, le braccia
stanche, le gambe indurite da crampi, vera icona del velo della Veronica che
dipingevo, incurante del mio sfinimento, mi costrinsi a completare l'opera.
Senza sosta, per ore, dipinsi freneticamente il monumentale volto sanguinante,
brutto, di un uomo dei dolori, un uomo fatto a brandelli, la fronte bucata
da lunghe spine nere, le guance tumefatte, le spalle lacerate dalla frusta.
Ma sul finire della giornata, con stupore, mi accorsi che per la scelta dei
colori che mi era stata imposta dalla penuria la tonalità generale
della tela non era di lutto ma di felicità. Senza accorgermene non
avevo dipinto l'Abbandonato, ma il Risorto. Due icone opposte unificate. Il
Risorto, con le stigmate dell'abbandono.
Finora erano due immagini distinte, dittico contrastante. L'Abbandonato e
il Risorto. Avevo dipinto - ed era la prima volta - il Risorto con le stigmate
della passione e della morte.
Ero sgomento e felice.
Guardando a lungo quella pittura che avevo fatto con le mie mani, capivo l'esperienza
estetica di questo secolo come un approfondimento della comprensione di cos'è
realmente la bellezza, e perciò di cosa sia l'arte.
La Bellezza eterna si è fatta uomo in Gesù. Ha vissuto tutte
le vicende della vita umana, le più sublimi come le più banali,
le più gioiose come le più dolorose, fino all'abbandono, alla
morte. Fino alla risurrezione.
A volte nell'arte contemporanea la bellezza è ridotta ad un grido inarticolato,
ma così si esprime nel modo più totale. Da a noi il suo Spirito.
Sembra morta, seppellita sotto la pietra del brutto. Ma il terzo giorno la
tomba è vuota. Qualcuno ci dice che è risorta e che ci aspetta.
Cammina con noi. Ci parla. Il cuore ci arde in petto. Si fa tardi. La fermiamo
a cena, ma gli occhi si aprono nel momento che sparisce. La bellezza risorta
non appare mai: sparisce, si nasconde nell'anonimato dell'uomo qualunque,
nel banale, nel quotidiano. Il sole tramonta, lasciando posto alla luna, Maria,
riflesso della bellezza risorta, sempre presente lì dove la bellezza
è sparita, per guidarci a lei.
La bellezza è sulla riva del lago, irriconoscibile. Un occhio puro
l'intuisce e ci apre gli occhi. Ci buttiamo nell'acqua, e la bellezza nutre
la nostra mente e i nostri sensi, col pane cotto sulla pietra calda.
La bellezza salita con noi sulla montagna è elevata in alto sotto i
nostri occhi e una nube la sottrae al nostro sguardo.
E poiché noi stiamo fissando il cielo mentre ella se ne va, ecco due
uomini in bianche vesti si presentano a noi e dicono: "Perché
state a guardare il cielo? Questa Bellezza, che è stata di tra voi
assunta fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete
vista andare in cielo". E noi, sulle vie del mondo, ci ricordiamo le
sue parole di congedo: "Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino
alla fine dell'età presente."
Questo ci dice tanto della bellezza, se è così, se è
come credo. Gesù risorto è uno che ha vissuto la morte, e una
morte atroce, "brutta". Così la bellezza risorta che è
adesso in Dio non è una bellezza facile, non è una bellezza
piacevole, non è kitsch, è una bellezza molto provata, fino
alla morte.
Michel Pochet
Attenzione, un crocifisso può nasconderne un altro !
A Pirano, antica città portuale dell'Istria, i pescatori e i marinai venerano un grande crocifisso appeso nella chiesa di San Pietro sulla piazza Tartini. Non molto tempo fa, questa scultura barocca un po' languida, di stucco policromo, reclamò le cure di un restauratore, fortunatamente accurato. Sottopose il crocifisso a vari esami tra cui i raggi X e si formato la convinzione che il gesso barocco ricopriva un legno più antico.
Ebbe il coraggio di raschiare e mise in luce un capolavoro unico. Nell'epoca barocca, la pietà moderna aveva corretto l'asprezza dell'arte medievale, giudicata probabilmente sacrilega. Languidezza, scipitezza, leziosità avevano ricoperto nobiltà, forza e saldezza. La tragedia era stata truccata di melodramma. Nondimeno il crocifisso fuori moda, adattato secondo i gusti del momento, aveva commosso delle generazioni. Oggi che ha ritrovato il suo splendore originale, è lì, protetto contro i vandali, i ladri e i maniaci da un vetro blindato, nella solitudine estrema della sua sublime bellezza. Non viene più a nessuno l'idea di accendere un cero davanti a lui. E' forse un peccato, dopo tutto ?
Almeno la sorte del crocifisso di Pirano è più invidiabile di quella di un altro, il cui corpo senza testa fa la gloria del Louvre, e la testa senza corpo, quella del Metropolitan Museum of Art di New York. L'amore della bellezza ha di queste crudeltà : non si dice che la Venere di Milo perse le braccia, che aveva molto belle, nella lotta accanita a cui si abbandonarono su una spiaggia dei marinai francesi e inglesi, che se la contendevano in nome degli interessi superiori della cultura ?
Il crocefisso di Pirano prima e dopo il restauro